Già il 2021 si era chiuso con un dato davvero impressionante: nel corso dell’anno venivano distrutti dalle fiamme ben 159.437 ettari di superfici boscate e non (+ 154,8% rispetto al 2020).
A distanza di circa due anni, questi preoccupanti numeri non sono andati affatto ridimensionandosi: secondo i dati pubblicati da Legambiente, che ha sintetizzato in un apposito report i dati satellitari di Effis (European Forrest Fire Information System), in Italia, dall’inizio del 2023 allo scorso 27 luglio, sono andati in fumo 51.386 ettari di vegetazione, l’equivalente di oltre 73.408 campi da calcio.
Il Legislatore si è, dunque, trovato costretto ad intervenire nuovamente: lo scorso 10 agosto, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge 10 agosto 2023, n. 105, recante “Disposizioni in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero delle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione”. Lo stesso è ancora in fase di conversione in legge.
Il Decreto Legge n. 105 del 2023 si compone di 12 articoli.
In particolare, è con l’articolo 6 che il Legislatore interviene ancora una volta sul reato di incendio boschivo, di cui all’articolo 423 bis c.p., da un lato innalzando le pene minime previste dalle ipotesi di cui ai commi 1 e 2, dall’altro inserendo al comma 5 una nuova circostanza aggravante ad effetto speciale.
Nello specifico:
Dunque, lo scenario che oggi si prospetta all’interno del Codice Penale, con riferimento alla disciplina penale degli incendi di matrice dolosa, è sicuramente molto variegata.
Regolamentata dal Titolo VI del Codice Penale, essa prevede all’articolo 423 c.p. il reato di incendio cosiddetto “semplice”.
Si tratta di un reato di evento, a condotta libera e a dolo generico.
Il Legislatore non fornisce una precisa definizione di cosa debba intendersi per incendio: secondo la giurisprudenza maggioritaria deve trattarsi di un fuoco di grandi proporzioni, tendente a progredire e difficile da spegnere, come tale idoneo a porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone.
All’articolo. 423 bis c.p. è, invece, disciplinato il diverso e più grave reato di incendio boschivo.
Esso mira non solo a tutelare l’incolumità pubblica, quanto anche il bene giuridico ambiente, caratterizzandosi nella previsione di una condotta consistente nel cagionare un incendio “su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento”.
Il reato di cui al comma 1 è anch’esso di evento, a forma libera e a dolo generico.
Ciò che lo connota maggiormente è il bene su cui va ad incidere la condotta del reo.
All’articolo 424 c.p. è previsto il reato di danneggiamento seguito da incendio.
Ipotesi residuale rispetto a quelle di cui all’articolo 423 bis c.p., essa trova applicazione nel momento in cui il soggetto agente appicca il fuoco ad una cosa propria o altrui con lo specifico obiettivo di danneggiarla e solo qualora dal fatto sorga il pericolo che possa verificarsi un incendio.
Il discrimine tra il reato di danneggiamento seguito da incendio (articolo 424 c.p.) e quello di incendio (articolo 423 c.p.) è segnato dall’elemento psicologico del reato: se il secondo è contraddistinto dal dolo generico, inteso come volontà di cagionare un incendio, il delitto di cui all’articolo 424 c.p. è caratterizzato dal dolo specifico, ossia nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio o il pericolo di siffatto evento.
Particolarmente variegato è, inoltre, l’insieme di circostanze aggravanti e attenuanti che possono innestarsi e “personalizzare” i reati di cui agli articoli 423, 423 bis e 424 c.p.
L’articolo 425 c.p. prescrive un aumento di pena nei casi di cui agli artt. 423 e 424 c.p. se i fatti sono commessi su specifici beni di particolare rilevanza, quali, a titolo esemplificativo, edifici pubblici o destinati a uso pubblico, cimiteri e loro dipendenze, aeromobili.
Per quanto riguarda il reato di incendio boschivo, è lo stesso art. 423 bis a prevedere al suo interno tre circostanze aggravanti e due circostanze attenuanti, alcune delle quali capaci di incidere significativamente sulla sanzione da comminare all’autore del reato.
Basti pensare alla circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al comma 6, costruita sul modello dell’attenuante del ravvedimento operoso prevista dall’art. 452-decies c.p. per i cosiddetti eco-delitti, secondo cui la pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.
Non si può, infine, non prendere in considerazione quanto disposto dagli articoli 423 ter c.p. e 423 quater c.p.
L’art. 423 ter c.p. stabilisce al primo comma che, alla condanna della reclusione non inferiore a 2 anni per il delitto di incendio boschivo doloso, segua l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica. Al secondo comma che la condanna per quest’ultima ipotesi di reato importi sempre l’interdizione da 5 a 10 anni dall’assunzione di incarichi o dallo svolgimento di servizi nell’ambito della lotta attiva contro gli incendi boschivi.
L’art. 423 quater c.p., ad ulteriore dimostrazione della volontà del legislatore di considerare il delitto di incendio boschivo quale parte effettiva del sistema di tutela penale dell’ambiente, sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 452-undecies c.p. sempre in tema di eco-delitti, prevede, invece, una particolare ipotesi di confisca.
Al primo comma è, infatti, definita, un’ipotesi di confisca obbligatoria con riferimento ai “beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato e delle cose che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato”, eseguibile, ai sensi del secondo comma, anche per equivalente.
Il terzo comma prevede che i beni oggetto di confisca siano messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e che il loro utilizzo sia vincolato al ripristino dei luoghi.
Il quarto comma, infine, stabilisce che la confisca non operi nel caso in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto al ripristino dello stato dei luoghi.
È indubbio che si tratti nel suo complesso di una disciplina molto rigorosa, dimostrativa della linea di intervento adottata dal Legislatore su questo specifico tema: il sistema di previsione, prevenzione e contrasto degli incendi passa anche attraverso la predisposizione di sanzioni molto severe nei confronti di chi se ne rende autore.
A cura di Alessandro Ruffini