Nuove risposte a vecchi problemi: la compliance aziendale nel prisma del cosiddetto protocollo anti caldo.
Col Decreto Legge 28 luglio 2023 n. 98, il Governo ha predisposto misure urgenti per tutelare i lavoratori dalle eccezionali situazioni climatiche di questo periodo storico.
Al di là degli interventi di sostegno economico per i settori maggiormente esposti, l’articolo 2 rimanda a «intese tra organizzazioni datoriali e sindacali per l’adozione di linee-guida e procedure concordate per l’attuazione delle previsioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori che sono esposti alle emergenze climatiche».
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha predisposto la bozza di quello che è definito “Protocollo condiviso per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature negli ambienti di lavoro”, il quale, ferme le eventuali modifiche che verranno recepite nella versione definitiva, dovrà poi essere implementato all’interno della singola azienda, a valle dei contributi delle rappresentanze sindacali e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (punto 4).
La finalità è chiara: «Fornire indicazioni operative finalizzate alla gestione dei rischi determinati dallo svolgimento dell’attività lavorativa in presenza di condizioni climatiche non adeguate, al fine di scongiurare infortuni e malattie professionali».
Finalità, il cui raggiungimento richiede l’attiva partecipazione del soggetto su cui ricade il cosiddetto duty of care, ovvero il datore di lavoro.
Non è un caso che, nelle pieghe del protocollo, ci siano continui riferimenti al vertice dell’azienda, principale destinatario delle disposizioni normative, in piena coerenza con l’impianto generale (art. 2087 c.c.) e speciale (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b) in materia di sicurezza sul lavoro.
Vale la pena, allora, evidenziare i profili maggiormente rilevanti del protocollo ministeriale, nonché le azioni che dovranno essere intraprese dalle organizzazioni aziendali per essere compliant al dettato normativo.
I datori di lavoro dovranno adeguare gli «attuali modelli organizzativi alle esigenze di contenimento dei rischi derivanti dall’esposizione ad alte temperature».
Per farlo, tre sono gli aspetti da considerare:
Relativamente alla valutazione del rischio di contrarre patologie da calore, il protocollo elenca una serie di fonti di pericolo da ricomprendere nel Documento Valutazione Rischi (esemplificativamente: ondate di calore; esposizione diretta al sole; uso di indumenti pesanti e dispositivi di protezione; presenza di patologie croniche; assenza di pause adeguate e i ritmi particolarmente serrati).
Quanto alla sorveglianza sanitaria, il medico competente potrebbe attivarla per quei lavoratori maggiormente sensibili ai rischi connessi alle alte temperature. Conseguentemente, il datore di lavoro dovrà organizzare la loro attività in linea con le indicazioni mediche – circostanza che, a cascata, potrebbe imporre una rivisitazione dell’organizzazione generale, ove i lavoratori in regime di sorveglianza sanitaria fossero numerosi o, comunque, ricoprissero ruoli strategici –, eventualmente attivando un sistema di supervisione per il tramite dei proposti.
Le strategie di prevenzione e protezione dei lavoratori sono senza dubbio l’aspetto più sfidante per il datore di lavoro. Il protocollo ministeriale sottolinea l’importanza dell’informazione e della formazione in capo a tutti i lavoratori sui rischi correlati al caldo, e sulle procedure aziendali da seguire per minimizzarli.
Ancora, ci si sofferma sulla necessità di una adeguata idratazione, considerata la “prima difesa contro gli effetti delle alte temperature”.
È dedicato spazio anche all’abbigliamento e ai dispositivi di protezione individuale, nonché alla riorganizzazione dei turni di lavoro in modo da eliminare, o quantomeno ridurre, l’esposizione diretta dei lavoratori alle alte temperature. Si specifica, a tal fine, che dovranno “essere garantite pause brevi ma frequenti”.
Al di là del merito del provvedimento, interessa il metodo: si privilegia una legislazione analitica in luogo di quella sintetica, caratterizzata dalla puntuale elencazione dei rischi e delle misure di contrasto che il datore “deve” – questa è la formulazione adottata – considerare.
Si tratta di un’impostazione motivata dalla qualificazione del rischio da caldo come rischio specifico.
In proposito, si registrano alcuni punti di convergenza con il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19, adottato il 14 marzo 2020 e successivamente integrato, anch’esso connotato da una disciplina piuttosto dettagliata.
La ragione è duplice: da un lato la situazione emergenziale a monte, che impone alla pubblica Autorità di ingerirsi maggiormente nelle scelte degli operatori economici e, dall’altro, il carattere circoscritto e ben definito del rischio da gestire, che facilita (di molto) l’accuratezza della normativa ad esso dedicata.
Ciò che è richiesto ai datori di lavoro, quindi, è di confrontarsi con questa specifica fonte di pericolo, procedendo al cd. risk assessment (valutazione del rischio) e, successivamente, al cosiddetto risk management (gestione del rischio, nell’ottica di una sua minimizzazione).
Di regola, il rischio caldo (non essendo di certo nuovo) dovrebbe essere già contenuto nel Documento Valutazione Rischi di cui agli artt. 17, comma 1, lett. a) e 28 D.Lgs. n. 81 del 2008 delle aziende, sicché occorrerà valutarne l’allineamento rispetto a quanto previsto dal protocollo ministeriale, tenendo a mente che le eventuali modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro che siano significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori comportano, ai sensi dell’art. 29, comma 3 D.Lgs. n. 81 del 2008, la rielaborazione dello stesso D.V.R..
Il protocollo qualifica le patologie associate alle alte temperature – colpo di sole; crampi di calore; esaurimento da calore; colpo di calore – come “infortuni sul lavoro”. Naturale, quindi, ragionare sulla responsabilità penale di un datore di lavoro (di regola colposa) per la malattia-infortunio (art. 590 c.p.) o, nei casi più infausti, per la morte da caldo (art. 589 c.p.) di un suo dipendente.
Tra le condotte omissive colpose ascrivibili al datore, potranno venire in rilievo la mancata attuazione delle misure codificate – in primis nel protocollo ministeriale qui analizzato, se di carattere cogente – per contrastare il rischio-caldo.
Non si tratta, comunque, di regole imperative, che non ammettono alternative di sorta: nessun automatismo in punto di responsabilità penale del datore ci potrà essere, qualora il garante dimostri che la misura omessa non abbia avuto (in concreto) efficacia causale rispetto all’evento lesivo/mortale o, comunque, provi di aver adottato un altro presidio, parimenti efficace sotto il profilo cautelare.
Per altro verso, il pieno rispetto delle regole codificate nel protocollo, almeno in astratto non esime il datore di lavoro dal rischio penale.
Residuerebbe sempre spazio, infatti, per contestazioni da colpa generica, fondate sui noti (quanto scivolosi) concetti di negligenza, imprudenza e imperizia, molto – forse troppo – spesso utilizzati dalla giurisprudenza per muovere addebiti di responsabilità richiamando l’art. 2087 codice civile. In quest’ambito manca una previsione analoga all’art. 29-bis D.L. 8 aprile 2020, n. 23 che, relativamente al protocollo anti Covid-19, equiparava il rispetto del menzionato protocollo all’osservanza del menzionato art. 2087.
Un’ultima notazione: le conseguenze giuridiche derivanti dal mancato rispetto della prevenzione del rischio connesso al caldo non si esauriscono in capo alla persona fisica, potendo estendersi anche alla stessa impresa, chiamata eventualmente a rispondere dell’evento di lesioni o di morte con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro – proprio quelle disposizioni qui passate in rassegna – ai sensi dell’art. 25-septies D.Lgs. 231 del 2001.
Un motivo in più per dedicare la giusta attenzione a questi temi.