Una sentenza di luglio 2023 afferma un principio importante in tema di sequestri penali finalizzati alla confisca nei rapporti tra Italia e San Marino
A cura di Alessandro Ruffini
Con la recentissima sentenza n. 31174 del 18 luglio 2023, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui lo strumento convenzionale applicabile alla richiesta proveniente dalla Repubblica di San Marino, avente ad oggetto un sequestro preventivo a fini di confisca, è la Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, stipulata a Varsavia il 16 maggio 2005.
I fatti di causa erano i seguenti: la Suprema Corte era chiamata a decidere sul ricorso proposto avverso l’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, volta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo disposto nei confronti di un imprenditore e della sua società, a seguito di richiesta di cooperazione giudiziaria dello Stato di San Marino.
Nell’esaminare le singole doglianze, la Suprema Corte ha stabilito che la trasmissione diretta della richiesta tra le diverse Autorità Giudiziarie è consentita solo in presenza del presupposto dell’urgenza. Non trova, infatti, applicazione quanto stabilito all’interno della Convenzione bilaterale di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e la Repubblica di San Marino, stipulata a Roma il 31 marzo 1939 e ratificata con legge 6 giugno 1939, n. 1320, che disciplina la diversa materia della richiesta di cooperazione giudiziaria a scopo probatorio.
La Suprema Corte ha, quindi, chiarito definitivamente il quadro normativo di riferimento quando una richiesta di cooperazione giudiziaria ha ad oggetto il sequestro a scopo di confisca del profitto del reato.
Rileva quanto stabilito dagli articoli 33 e 34 della Convenzione del Consiglio d’Europa del 2005, che prevedono, da un lato, l’individuazione di un’autorità centrale competente a inviare e ricevere le richieste di cooperazione, dall’altro, il canale di comunicazione (di regola quello tra autorità governative “centrali”), stabilendo a tal proposito che la trasmissione diretta tra autorità centrali è consentita solo “in caso di urgenza” oppure nell’ipotesi in cui si tratti di richieste o comunicazioni non comportanti l’esecuzione di misure coercitive.
Semmai una richiesta dovesse far riferimento alla Convenzione bilaterale del 1939, il conseguente provvedimento dell’Autorità Giudiziaria italiana sarebbe viziato in origine, esattamente come la Corte ha appurato nel caso di specie, tanto da annullare l’ordinanza impugnata e rinviare gli atti per un nuovo giudizio al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, quale Giudice dell’Esecuzione.